Intense ricerche sono state effettuate nel santuario dell’Ara della Regina, con indagini filologiche condotte all’esterno e all’interno del “Tempio dei Cavalli Alati” e saggi di scavo hanno avuto luogo nel corso degli anni dal 1983 al 2002. Le indagini confermano le quattro principali fasi di vita del santuario che coprono il periodo arcaico e arrivano ad epoca ellenistica (VI-III secolo a.C.).
Il Tempio I sorge su un poderoso basamento, eretto per allargare la collina e portare alla stessa quota il piano di calpestio, che risulta più elevato sul versante nord-ovest del santuario. La sua cronologia è da porre entro
la prima metà del VI sec. a.C., sulla base delle terrecotte architettoniche rinvenute non solo nel corso degli scavi Romanelli, ma anche in quelli recenti. Caratteristica saliente del tempio è la pianta dalla cella allungata e dal
profondo pronao, vicina a quella dei templi più antichi delle città coloniali della Magna Grecia e della Sicilia, nonché di area laziale. Il Tempio I era già perfettamente orientato in senso est-ovest, in un’epoca nella quale
templi, case e tombe non sembravano avere ancora orientamenti definiti. Il Tempio II è posto a una quota più elevata, con un rialzamento del basamento corrispondente alla misura di un filare, e la sua pianta risulta più articolata rispetto a quella del Tempio I. Cella e pronao di quest’ultimo diventano la cella e il vestibolo
del Tempio II, che si arricchisce inoltre delle due alae e di un pronao a quattro colonne, che ne aumentano le misure. L’aspetto del tempio, che si può datare sulla base dei legami stratigrafici al terzo o all’ultimo quarto del VI
sec. a.C., doveva apparire ancora più maestoso di quello precedente mentre non conosciamo quello della decorazione architettonica. L’individuazione delle prime due fasi di epoca arcaica hanno indotto ad esplorare
l’angolo sud-est della terrazza del “Tempio dei Cavalli Alati” ove sono il cosiddetto altare alpha, con il piccolo recinto beta, e il muro gamma, tutti con orientamento diverso rispetto al monumento nel suo complesso. Gli interventi stratigrafici ne hanno spiegato molto bene la ragione: al di sotto dell’altare alpha, e con lo stesso orientamento, è venuta a luce una cassa in lastre di calcare locale, che risulta poggiata su uno strato di argilla di riporto.
Il rispetto assoluto dell’orientamento della cassa e la monumentalizzazione su di essa effettuata, con le strutture ora visibili, induce a valutare la notevolissima importanza che ad essa doveva essere attribuita in epoca arcaica
tanto da orientare le costruzioni posteriori. Ulteriori interventi stratigrafici hanno portato a luce per un buon tratto il muro gamma. Si tratta di una struttura monumentale, opera di tutto rilievo per il suo spessore, che risulta
impostata sugli strati di fine VII sec. a.C. Il piano-base era stato ottenuto, analogamente a quanto fu fatto all’interno dell’edificio templare della prima fase arcaica, livellando in alcuni tratti il piano di calpestio.
Parallelamente sono state condotte una campagna di prospezioni magnetometriche, carotaggi (Fondazione Lerici) e indagini georadar (CNR) che hanno consentito di seguire il muro per un lungo tratto di oltre trenta metri.
Il volume Tarquinia, Il Santuario dell'Ara della Regina, I templi Arcaici (Tarchna 4) offre come risultati rilevanti:
- Definizione cronologica a partire dagli inizi del VI secolo a.C.
- Ricostruzione delle piante, dell’alzato, della copertura e della decorazione architettonica del Tempio I e del Tempio II privi della terrazza che si vede attualmente.
Il Tempio I, risalente alla prima metà del VI secolo a.C., si presentava come un oikos a due ambienti: un vestibolo o pronao e un vano interno o cella. In fondazione misurava circa 12 metri in larghezza e circa 27 in lunghezza. Cronologia e dimensioni sono state evinte dai contesti stratigrafici datati sui materiali ceramici e dal recupero degli angoli nord-ovest e sud-ovest dei muri.
Il Tempio II, risalente alla seconda metà del VI secolo a.C., fu edificato sfruttando come si è detto le fondazioni del Tempio I. Aveva dimensioni notevolmente maggiori, circa 25 metri in larghezza e circa 40 in lunghezza. Alla cella e al vestibolo del Tempio I venne aggiunto il pronao colonnato che misurava all’incirca 6 metri in larghezza e 12 in lunghezza. La pianta che si è evinta dalle fondazioni è quella di un tempio ad alae larghe circa 2 metri e mezzo. Il complesso sistema di costruzione, ispirato in parte dall’architettura della Magna Grecia, sottolinea peraltro la sicurezza del maestro costruttore in merito alla tenuta sia delle fondazioni sia del poderoso basamento.
Una delle strutture più interessanti della fase arcaica del santuario è il muro g di considerevole lunghezza, per ora definibile in 40 metri, in base alle indagini preliminari in ogni caso da completare. La bellezza e l’accuratezza della faccia a sud potrebbero trovare una ragionevole spiegazione nell’ipotesi che si potesse trattare del muro che marcava in questa zona il recinto sacro con funzione di contenimento della spinta della collina retrostante e di delimitazione del santuario. La struttura è realizzata ad assise regolari di pietre di natura e colore diversi disposte con tecnica isodoma e corre con orientamento sud-ovest/nord-est, fondando su strati grosso modo della fine del VII secolo a.C. La facciavista è a meridione e l’effetto coloristico presenta significative analogie con la tecnica di costruzione a blocchi policromi illustrata nella ceramografia etrusca e greca. A fronte del repertorio delle immagini studiato da C. Ridi spicca l’occorrenza dell’episodio di Achille e Troilo e di temi narrativi di ambientazione troiana. Sulla base della tesi secondo la quale tali episodi sarebbero connessi a una centralità semantica del ciclo epico di origine microasiatica nell’arte etrusca, il ricorso alla policromia non sembra casuale e sul piano concettuale potrebbe sottendere a una specificità architettonica e forse funzionale del muro g.
- Definizione delle influenze e dei contatti culturali con la Magna Grecia e la Sicilia che ne hanno determinato l’aspetto.
- Compiuta conoscenza dei culti e dei rituali etruschi gravitanti sul più importante tempio etrusco. Per esempio il rinvenimento del cenotafio dell’eroe fondatore di Tarquinia Tarchon della stirpe di Hercle, al di sotto di un altare costruito successivamente nel IV secolo a.C. nella terrazza che si vede oggi.
La lettura complessiva delle fasi arcaiche del santuario guadagna così, nella continuità delle testimonianze, un importante argomento di riflessione per comprendere il significato dell’Ara della Regina come luogo di tradizione e memoria, in ciò raccordandosi con testimonianze sui culti eroici di ambito greco.
Infatti nella fase di maggiore espansione dell’edificio templare (IV secolo a.C.) il frontone è dotato della famosa lastra dei Cavalli Alati, nota in Italia per aver costituito per anni il soggetto del francobollo del servizio espresso delle Poste Italiane.
È stata resa nota una proposta di ricostruzione del tema del frontone con l'apoteosi di Eracle, dopo la sua incinerazione sulla pira.
Una presenza delle storie di Hercle nel santuario è del resto testimoniata dalle terrecotte arcaiche ove sono rappresentate scene delle sue fatiche (buoi di Gerione e Idra) mentre l’impronta della significativa presenza dell’eroe a Tarquinia resta impressa nella genealogia eraclide attribuita a Tarconte elaborata nella tradizione locale.